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Avvocati e Giuristi illustri salentini  27



                    Asciano Francesco (Ostuni, 6 maggio 1891 - Ivi, 29 novembre 1957)




                        rancesco Asciano nacque in una famiglia umi-
                    Fle: suo padre Angelo era un falegname; sua
                    madre, invece, era una casalinga e si chiamava
                    Angela Casale.
                       Studiò  presso  il  liceo  di  Conversano  per  poi
                    iscriversi alla Regia Università di Napoli dove con-
                    seguì la laurea in giurisprudenza il 14 giugno 1915.
                       Il  31  dicembre  1930  sposò  Angela  Asciano,
                    un’insegnante presso la scuola media di Ostuni, e
                    dalla loro unione nacquero due figlie: Vera ed Elda.
                       Fu  sindaco  della  città  natìa  per  poco  più  di
                    un anno (dal 6 gennaio 1945 al 14 aprile 1946)
                    durante il quale si manifestarono accesi segni di
                    insofferenza nella popolazione, colpita dalla crisi
                    economica causata dalla Seconda guerra mondia-
                    le, e continue proteste per la mancanza di lavoro
                    e di generi di prima necessità.
                       Il 2 aprile 1946, infatti, un gruppo di circa sei-
                    cento donne (tra cui si nascondevano sicuramen-
                    te vari criminali comuni), giunto davanti al muni-
                    cipio riuscì ad introdursi nel palazzo appiccando
                    un incendio nell’ufficio annonario e nella cancel-
                    leria penale della Pretura. Subito dopo, il sinda-    ze belliche e post belliche, si è dimostrato non
                    co Asciano, che si opponeva alla distribuzione di     più rispondente allo scopo e tantomeno all’altez-
                    maggiori quantitativi di viveri (avendo disposto      za del delicato compito di questi periodi eccezio-
                    già nel mese di agosto del ’45 addirittura la sor-    nali».
                    veglianza di tutti i mulini e panifici), venne tra-      Fu giudice conciliatore e vice pretore onora-
                    scinato per i piedi giù per le scale e sbeffeggiato   rio. Non poté intraprendere la carriera notarile,
                    quale simbolo del potere che si cercava di abbat-     come desiderava, ma svolgendo la professione di
                    tere. I dimostranti, quindi, si recarono presso due   avvocato civilista (sin dal 20 maggio 1925), onorò
                    dei mulini della città (Pomes, in via F. Tanzarella-  sempre la categoria con onestà e pacatezza e fu
                    Vitale, e Tanzarella, in via Mazzini) e prelevarono   castigatore  feroce  del  malcostume  di  chi  infan-
                    tutto ciò che trovarono: 130 quintali di farina, 30   gava la toga con ignavia o inettitudine. Cercava
                    di grano, 50 di orzo, arredi e suppellettili. La re-  sempre di definire le controversie con accordi pa-
                    azione fu imponente e la notte seguente furono        cifici («meglio un accordo che una causa vinta»,
                    arrestate 27 persone. Il processo fu celebrato due    era solito dire). Quando però instaurava un giudi-
                    anni  dopo  davanti  al  Tribunale  di  Brindisi  e  si   zio ed era convinto di poterlo concludere con un
                    concluse con una sentenza di condanna, ribaltata      successo, portava avanti la causa anche a proprie
                    in seguito dalla Corte di Appello.                    spese fino alla Corte di Cassazione, senza appro-
                       A  seguito  di  tali  avvenimenti,  in  una  seduta   fittare mai dei clienti in difficoltà economica. Fu
                    della giunta municipale del 12 aprile 1946 l’avv.     un «grande schermidore del Diritto, perché non
                    Asciano  avviò  un  procedimento  disciplinare  e     solo abile, agguerrito, coraggioso, ma soprattutto
                    chiamò a rispondere dell’accaduto il comandan-        geniale. E come tale era sempre ligio alla rego-
                    te dei vigili urbani e gli agenti in servizio quel    la cavalleresca, senza mai ricorrere ad espedienti
                    drammatico giorno, che nulla avevano fatto per        men che leciti: perché in Lui l’insidia era insita
                    scongiurare l’invasione degli uffici. La cittadinan-  solo nel Suo valore» (PetRAchi, 1958). Proprio per
                    za, peraltro, chiedeva lo scioglimento del Corpo      questa  celata  ma  consapevole  maestrìa,  spesso
                    «per riformarlo con elementi nuovi e più giovani»     ammoniva i giovani colleghi, con i quali era pro-
                    poiché «specie in occasione di tutte le contingen-    digo di consigli (riteneva, infatti, che dovessero
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